Il difetto di legittimazione del fallito

CONDIVIDI SUI SOCIAL

Fonte: Juranews

Il difetto di legittimazione del fallito è rilevabile di ufficio, hanno precisato che il solo fatto che il curatore si sia attivato in sede giurisdizionale in relazione al medesimo rapporto patrimoniale dedotto in giudizio dal fallito – sia nel medesimo processo da quest’ultimo intentato, sia in altro separato processo di cui si abbia contezza – denota l’interesse del medesimo per la lite e, con ciò, l’apprensione del rapporto stesso al concorso.

In difetto di inerzia e dismissione, resta integrato il presupposto della regola generale di cui all’art. 43 legge fall. in base al quale sta in giudizio il curatore (Cass. Sez. U. n. 11287 del 2023).

In presenza di questo palesato interesse (ovvero in difetto di un’inerzia obiettivamente intesa), il rapporto litigioso deve ritenersi ex lege acquisito al fallimento, così da rendere «inconcepibile una sovrapposizione di ruoli fra fallimento e fallito» (Cass. 04/12/2018 n. 31313).

Pertanto, quando il fallimento è in giudizio, il fallito non può conservare per il medesimo rapporto la legittimazione processuale a proporre gravame avverso la sentenza sfavorevole poiché il curatore sta in causa sia per la massa dei creditori sia per il fallito stesso e il suo comportamento processuale vincola l’una e l’altro. (cfr. Cass. n. 31313 del 2018, cit. che ha ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione del fallito, giacché la curatela era stata parte della controversia).

In altri termini, la legittimazione del fallito va esclusa nel giudizio in cui sia parte il curatore, quale che sia in concreto la condotta processuale di quest’ultimo, sicché non vi è inerzia ove, come nel caso in esame, il curatore sia stato parte del giudizio e sia stato pertanto destinatario della sentenza di merito (cfr. Cass. 15/05/2023, n. 13145).